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Mass food

Mass food

Il cibo da sempre rappresenta uno dei settori di punta del Made in Italy.  Il cibo rappresenta, tuttavia, un’allettante opportunità per molti altri Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo o emergenti. L’interpretazione che queste nuove culture fanno dei prodotti alimentari, dalla produzione alla trasformazione fino al consumo finale, sono destinate a cambiare il panorama del mercato alimentare mondiale, con il rischio di perdere l’autenticità e la tipicità dei prodotti locali creando un sistema artefatto di massificazione del consumo alimentare.

È un processo solo agli albori, ma che già appare per intero nella sua fisionomia.

In un momento storico in cui la popolazione mondiale aumenta progressivamente e al contempo assistiamo a grandi flussi migratori, in breve tempo l’umanità si troverà a fronteggiare una crisi ancor più grande di quella finanziaria, ossia il problema dell’approvvigionamento del cibo. Per questo, la lungimiranza negli affari tipica della grande finanza internazionale, ha già messo le mani sul settore alimentare.

Uno dei tratti che definiscono questa realtà è l’avvento delle multinazionali del cibo, la cui ascesa è iniziata dalla liberalizzazione del mercato che ha coinvolto i grandi Paesi in via di sviluppo e dai trattati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio con la libera circolazione dei capitali. Le multinazionali del cibo possono essere identificate come una fitta rete che programma e agisce direttamente nei diversi stadi della filiera alimentare, dall’approvigionamento dei prodotti agro-chimici alle sementi, all’ulteriore trasformazione e manifattura fino alla distribuzione e vendita. Ciò che altera i normali equilibri di mercato e concorrenza, è proprio l’intervento di queste grandi entità, derivate da fusioni societarie strategiche, che arrivano a formare “blocchi del cibo” o “imperi alimentari”; così questo grande burattinaio muove i fili della filiera alimentare, che prevede storicamente l’incontro tra domanda e offerta tra i tre settori economici principali, stravolgendone completamente regole e scopi. Divenendo la multinazionale reggente principale ed assoluto nell’interazione tra i settori della filiera, si realizza un totalitarismo che esula anche dalla materia cibo in quanto merce ma lo dematerializza in quanto valore di scambio, generando un insanabile speculazione che costringe tutti gli operatori del mercato (dagli agricoltori al consumatore finale) ad essere stretti nella morsa di chi detta legge. La panoramica attuale vuole che le condizioni in cui è possibile produrre cibo divengano recintate e imposte, dal gigante alla piccola impresa locale: ad esempio, ad oggi tutti i coltivatori, a livello mondiale, acquistano sementi dalle multinazionali che hanno selezionato semi in grado di svilupparsi solo in combinazione con specifici additivi chimici, prodotti ed acquistabili, ovviamente, solo dalla multinazionale stessa. Le conseguenze più dirette e visibili sono di imporre il prezzo aldilà delle logiche di mercato, di aumentare l’uso di additivi in agricoltura, di far estinguere le varietà locali ed autoctone di prodotti, avendo standardizzato la produzione agricola su scala mondiale. I gravi rischi che potremo osservare  a breve termine, invece, sono una tale manipolazione della tradizionale produzione agricola e delle abitudini alimentare, da generare condizioni patologiche nella popolazione non ancora del tutto conosciute.

 

Silvia Barrucco

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